Partiamo con il dire che soffriggere degli alimenti non è la stessa cosa che friggerli. Il soffritto è una tecnica base della nostra tradizione culinaria italiana, impiegata per insaporire zuppe, minestre, salse, secondi piatti e contorni, conferendogli un aroma particolare. Gli ingredienti di base possono essere sia vegetali, notoriamente cipolle, sedano, carote ed erbe aromatiche, oppure animali come pancetta, guanciale o lardo.
Quando parliamo di frittura invece ci riferiamo ad una tecnica di cottura degli alimenti basata sul principio dell’immersione in un grasso che ha raggiunto temperature in media di 150°C-190°C, grazie alle quali avremo la cottura della pietanza in tempi rapidi. Anche in questo caso il grasso scelto può essere di origine animale (burro, strutto, lardo), oppure vegetale come olio extravergine di oliva, olio di arachidi, di girasole.
Dove sta dunque il problema nel consumare i cibi fritti o nel soffriggere una verdura? Per entrambe le metodiche, la cottura avviene per mezzo di un grasso, quindi un primo aspetto da considerare da un punto di vista nutrizionale è l’apporto calorico: 1 g di grasso contiene 9 kcal, tutti gli oli sono costituiti dal 99,9% di grasso e hanno pertanto lo stesso apporto calorico, mentre il burro a parità di peso ne contiene un 84% circa, avendo anche una quota di acqua. Nella frittura l’apporto calorico della pietanza sale in relazione alla quantità di olio che viene assorbito durante la cottura, ma come possiamo friggere un alimento diminuendo al minimo la quantità di grasso assorbito e quindi le calorie? Sicuramente riducendo in piccoli pezzi il cibo da friggere, in modo che la temperatura di cottura raggiungerà il cuore dell’alimento in breve tempo, e poi sicuramente scolando bene la frittura da oli in eccesso attraverso della carta assorbente.
Accantonato l’aspetto calorico , il punto cruciale che stabilisce se il consumo di fritti o soffritti può ritenersi sano o tossico è la scelta della tipologia di grasso per la cottura e il punto di fumo, inteso come quel valore di temperatura grasso-specifico raggiunto il quale il grasso inizia a degradarsi e a rilasciare quindi sostanze nocive (ad esempio l’acreolina) o ad ossidarsi (come accade in presenza di acqua o aria). E’ molto importante quindi che la scelta ricada su un grasso che abbia un’elevata stabilità a cotture a temperature alte e un elevato punto di fumo. In linea generale possiamo affermare che gli oli ad elevato contenuto di grassi monoinsaturi come gli oli di oliva, di arachidi e gli oli di semi alto-oleici (contengono acido oleico), presentano dei punti di fumo più elevati rispetto ai grassi polinsaturi , come l’olio di girasole, di soia, di mais e di vinacciolo, che pertanto si degraderanno più velocemente.
Per quanto riguarda invece l’olio di palma, il lardo e lo strutto, data la loro ricchezza di grassi saturi, presentano più stabilità alla cottura rispetto ad esempio a un olio di oliva extravergine, e posseggono punti di fusione che possono superare anche i 200°C. Tuttavia le linee guida nutrizionali ci consigliano di non superare il 10% dell’apporto quotidiano di grassi saturi, preferendo dunque quelli polinsaturi che posseggono anche un vantaggio ulteriore: molecole antiossidanti come i fenoli, i polifenoli e i caroteni, che aggiungono un fattore protettivo all’eventuale produzione di radicali liberi rilasciati dalla frittura.
Infine le panature dei cibi con pastelle contenenti uova sono sicuramente più croccanti ma fanno per certo salire l’apporto calorico, sia perchè la panatura tratterrà più olio e sia perchè ci vorrà più tempo per far arrivare il liquido di cottura all’interno. Quindi se volete concedervi il gusto di un fritto ma un pò più light, evitate le panature con uova, magari optando per panature con farine leggere o pangrattato. Per quanto riguarda l’apporto calorico del soffritto, non essendo un fritto, non ci dobbiamo preoccupare di molto perchè la quantità di grasso assorbito è inferiore, e se non parliamo di soffritti con pancette o guanciali, l’apporto calorico delle verdure soffritte è quasi nullo. Inoltre potremmo diluire l’olio di cottura con del brodo, così da ridurre il quantitativo complessivo del grasso.
"Stasera ho un compleanno quindi oggi a pranzo mangio soltanto un’insalata?" Questa è solo una delle domande che mi ponete più frequentemente a studio durante le consulenze. Il motore che sta alla base di tali dubbi è per tutte la stessa preoccupazione, che a volte è pura angoscia: se mangio diversamente da quanto scritto nel piano dietetico non dimagrirò o ingrasserò! Ma davvero chi segue un’alimentazione con lo scopo di dimagrire non può permettersi di non seguire pedissequamente la dieta? Cerchiamo insieme di riflettere su qualche punto chiave di ragionamento, per ottenere risposte alle nostre ansie.
Scrivo questo per lanciarvi qualche spunto di riflessione e magari stimolarvi nella messa in discussione di alcuni pensieri troppo rigidi e che non lasciano spazio alle variabilità della vita quotidiana. Spesso, ci preoccupiamo se quel pasticcino extra ci bloccherà la perdita di peso, ma forse dovremmo riflettere più a fondo sulle reali cause che ci hanno portato a non mantenere gli obiettivi raggiunti nel passato o a prendere peso. Cosa si nasconde dietro questi comportamenti? Quanto influiscono la gestione della spesa, le scelte alimentari per gusti preferenziali, l’organizzazione dei pasti con la famiglia, gli orari di lavoro, il disordine alimentare o l'utilizzo del cibo come palliativo emotivo? È importante analizzare tutti questi fattori per capire come influenzano il nostro rapporto con il cibo e il nostro peso.
Personalmente, vedo la dieta come un’automobile che dobbiamo imparare a guidare tra i tanti pericoli e ostacoli della strada. Dobbiamo rispettare le regole del codice della strada, ma allo stesso tempo dobbiamo saperci godere la bellezza e la gioia del viaggio. La dieta non dovrebbe essere una punizione, ma un modo per prenderci cura di noi stessi e vivere una vita più sana e felice.